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"Dostoevskij" disturba attraverso l'esplorazione dell'odio verso sé stessi - Pop Corn Club
sabato, Aprile 19, 2025

“Dostoevskij” disturba attraverso l’esplorazione dell’odio verso sé stessi

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La nuova serie firmata Fratelli D’Innocenzo, che ha suscitato grande attenzione dopo le proiezioni al cinema, arriva finalmente sulla piattaforma Sky. “Dostoevskij” è un’opera che sin dai primi minuti riesce ad incutere disagio e paura, è opprimente. È una serie cruda, sporca e soprattutto reale, capace di esplorare le profondità oscure dell’animo. Con protagonista un tormentato e stupendo Filippo Timi, che interpreta un personaggio complesso, “Dostoevskij” riesce a sviscerare ogni parte interiore dello spettatore e lo fa con grande stile.

Dostoevskij

“Dostoevskij” racconta la ricerca di un serial killer. Enzo Vitucci (Filippo Timi) conduce le indagini e chiamano il ricercato con il nome dello scrittore russo perché su ogni scena del crimine la polizia trova una lettera. Le lettere parlano di come la vita non abbia senso, di come vivere sia una sofferenza e del perché l’unica soluzione per curare questo malessere sia la morte. Enzo viene ossessionato da questo caso perché viene colpito profondamente dal carattere di questo assassino. Dai primi minuti si intuisce subito quanto sia tormentata la vita di Enzo perché lo vediamo nell’intento di suicidarsi. Ma la serie non racconta solo la ricerca di un serial killer, bensì esplora profondamente la vita di tutti i personaggi, da Enzo alla figlia Ambra, tossicodipendente, al capo di polizia fino al collega dell’indagine.

Una serie disturbante


Il personaggio di Enzo è l’emblema della disperazione e del tormento interiore, un uomo intrappolato in una depressione tanto profonda da sembrare insuperabile. La sua esistenza è consumata da un odio irrazionale verso gli altri e, soprattutto, verso se stesso. La sua ossessione per Dostoevskij non è casuale. La visione distorta che Dostoevskij ha del mondo, degli esseri umani, della vita e della morte sembra rispecchiare perfettamente le sue angosce e la sua visione oscura dell’esistenza. In un atto di disperata solitudine, Enzo inizia un rapporto epistolare segreto con il serial killer, un legame pericoloso e inquietante che diventa la sua unica ancora di salvezza. Attraverso queste lettere, Enzo cerca di sfuggire a un passato che lo tormenta, un passato che non vuole emergere, ma che lo condanna a vivere nell’ombra, nella paura di essere scoperto. Dietro a questa facciata di razionalità, Enzo nasconde un segreto inconfessabile. Nel suo passato torbido troviamo l’abbandono di sua figlia Ambra quando era ancora una bambina. Oggi, Ambra è un’adolescente tossicodipendente, segno di come le sue scelte sbagliate abbiano segnato irreversibilmente il destino di una giovane vita. I Fratelli D’Innocenzo, con la loro straordinaria maestria nel raccontare il lato oscuro dell’animo umano, traducono questo dolore e questo disfacimento attraverso immagini crude e senza concessioni estetiche. Le ambientazioni sono volutamente povere, rurali e fredde, rivelando luoghi spogli e disadorni che non si fanno illusioni di bellezza. Ogni scena è impregnata di una sensazione di decadenza, come se il mondo stesso in cui i personaggi si muovono fosse una riflessione della loro miseria interiore. Con il loro stile spietato, i Fratelli D’Innocenzo non cercano di redimere i loro protagonisti, ma di raccontarne il lato più oscuro e brutale, con un realismo che lascia senza respiro.

“Tu ci credi alla fine del mondo?”

Un’esperienza viscerale


Dostoevskij è una serie che va ben oltre la mera superficie di una narrazione poliziesca o di un noir tradizionale: è una riflessione profonda sull’esistenza umana, sui traumi che segnano l’animo e su come, o se, sia possibile affrontarli. I Fratelli D’Innocenzo, maestri nell’arte della scrittura, riescono a coniugare parole e immagini con una sinergia unica, creando un’esperienza viscerale che coinvolge emotivamente lo spettatore, portandolo a interrogarsi sul senso stesso della vita. La serie non si limita a raccontare una storia, ma invita a riflettere su come si può “stare al mondo”, su come vivere con i propri demoni, le proprie sofferenze e fallimenti. Il personaggio di Enzo Vitucci, protagonista tormentato, incarna questa complessità: la sua vita è una somma di eventi dolorosi che lo hanno portato a diventare ciò che è, un uomo che lotta quotidianamente con la propria identità e con le sue scelte passate. Allo stesso modo, anche il serial killer che si cela nella storia ha una vita fatta di traumi e sofferenze, e le sue lettere diventano il mezzo attraverso cui questi aspetti del suo essere si rivelano. Ma ciò che emerge in modo dolorosamente chiaro è che, per questi personaggi, la speranza di un cambiamento positivo è solo un’illusione. Non c’è redenzione per loro, né un futuro luminoso in vista. La narrazione, lontana da qualsiasi forma di ottimismo, dipinge un mondo in cui i protagonisti sono condannati a vivere un’esistenza di perpetuo conflitto con se stessi e con gli altri. La domanda centrale che la serie pone è inquietante e universale: si può veramente vivere e fare del bene se si è incapaci di accettare e convivere con se stessi? I Fratelli D’Innocenzo, attraverso il loro approccio spietato e senza compromessi, non offrono risposte facili, ma spingono lo spettatore a confrontarsi con le ombre più oscure della psiche umana, mettendo in luce la difficoltà di trovare un senso o una via d’uscita quando il trauma è troppo profondo per essere superato.


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