Gladiatore 2 esce in sala a 24 anni dall’uscita del primo film, un nuovo epico capitolo diretto da Ridley Scott.
Dopo anni di tentativi di remoto, sequel e spin-off, il regista ha deciso di affidare a Paul Mescal il volto del nuovo gladiatore.
Così come accadeva nell’antica Roma, i combattenti delle arene erano vere e proprie celebrità della città. Scegliere un attore come Mescal, beniamino del piccolo schermo, significa renderlo simbolo e simulacro.
American Dream
La passione per le produzioni americane per le storie nostrane non risiede solo nel tentativo di emulare un passato antico e florido che non hanno ma come anche nel caso di Megalopolis di Francis Ford Coppola utilizzano l’antica Roma come punto di riferimento per il loro presente politico e sociale.
L’antica Roma come la recente New York, anche ne il Gladiatore 2 si legge il simbolismo di un sogno americano oramai però desueto. Un umile gladiatore, di origini però nobili, può aspirare a diventare il Principe di Roma grazie alla sua rabbia che gli viene indicata come dono.
Denzel Washington è magistrale nell’essere un nemico sopra le righe ma pieno di sfumature, burattinaio del potere, il vero ad incarnare un sogno americano.
Il sequel di uno dei peplum più amati di sempre non ha la stessa epicità, nonostante le scenografie magnifiche e i costumi perfetti. Probabilmente perché è cambiato il mondo e il modo di vedere a quel passato che per noi italiani è storia per gli americani è e resterà solo un sogno.
Il cinema come intrattenimento
Il Gladiatore 2 si apre con la scena della mano di Lucio, Paul Mescal, che prende del grano raccolto. Allo stesso modo la mano di Russel Crowe ne Il Gladiatore accarezzava le spighe di grano.
Con questa elegante apertura Ridley Scott ci preannuncia un legame indissolubile tra il primo e il secondo film cosi come i suoi protagonisti.
Lontano dall’essere un’opera di veridicità storica, il Gladiatore 2 è puro cinema di intrattenimento, goffo in alcuni escamotage narrativi, ma con una messa in scena di un regista che ha fatto della cura della regia e del visivo la sua cifra stilistica.
I gladiatori che combattono sono i divi del cinema, il pubblico nell’arena è lo spettatore a cui viene offerto un simulacro di quella che è la vera guerra.
Ridley Scott, cosi come gli imperatori facevano con i combattimenti nel Colosseo, predilige un cinema che sia intrattenimento e che possa essere visto dalle grandi masse anche al rischio di una “rivolta” come quella nell’arena.
D’altronde un regista può decidere le sorti del film solo prima che venga distribuito, dopodiché non può che dire come fece Russel Crowe ne Il Gladiatore: “Non vi siete divertiti? Non siete qui per questo?”
