Iddu, il film liberamente ispirato al latitante Matteo Messina Denaro, cerca di raccontarci il male schernendolo, spolpandolo, levandogli solite armi come violenza ed eroismo.
Realtà o finzione
La scelta di ricorrere a nomi di fantasia per i personaggi del film, anche il protagonista si chiama solo Matteo o con i vari soprannomi “Iddu, U pupu”, ha una duplice valenza, se da un lato testimonia la mancanza di certezza e le tante ombre sulla latitanza più famosa della storia della mafia, dall’altro aggiunge caratteristiche al tono surreale, fabiesco, macchiettistico della vicenda.
Non è un film poliziesco, le indagini servono solo a raccontarci in linea generale come era solito comportarsi il latitante, come ha fatto a nascondersi per tutti questi anni, tramite una fitta rete di conoscenze e omertà che gli hanno permesso di “vivere” nella sua Sicilia.
Elio Germano e Toni Servillo
La coppia di attori principale, insieme ad una enigmatica e bravissima Barbara Bobuľová, funziona e mette una scena una rappresentazione credibile, a tratti teatralmente voluta, con caratteristiche distintive che tendono a esorcizzare il male che rappresentano, come i capelli di Servillo o gli occhiali che indossa Germano per tutto il film.
La violenza e il male
Nonostante si parli di male, di violenza, di mafia, i due registi siciliani, Grassadonia e Antonio Piazza, decidono di raccontarlo senza mostrarcela direttamente ed esageratamente, lasciandolo spesso fuoricampo.
Non si compiacciono nel farci vedere i cadaveri sofferenti e trucidati, seguendo, chissà se volutamente, le indicazioni di Nanni Moretti ne “Il Sol dell’avvenire”, dove cerca di convincere che l’uso della violenza nei film deve avere un “senso” e un valore.
Il cinema del reale
Iddu non racconta gli ultimi mesi di latitanza del boss di cui abbiamo visto tutti le immagini, per evitare di mitizzare una figura, ma ci porta nella sua solitudine, nella sua reclusione e latitanza, mostrandoci un uomo solo, oramai debole.
Perché per raccontare il “reale” spesso è meglio un cinema di fantasia rispetto a un documentario che faccia mera cronaca e ricostruzione di fatti che probabilmente non sapremo mai. Quel finale però, forse la parte migliore del film, nonostante sia la più moralistica, ci mostra la nostra società di oggi.
Joker e Matteo Messina Denaro
Nel paese di origine di Messina Denaro, Castelvetrano, la proiezione del film è stata rifiutata dall’unico cinema presente, andando in scena in un teatro. Gli unici manifesti in giro per il paese erano del film Joker, villain tra l’altro molto apprezzato dal boss.
Nonostante “l’unica cosa che non mi ha insegnato mio padre è essere spiritoso” dice il latitante nel film, l’opposto di Joker.
I due film hanno in comune, in forme totalmente diverse, la rappresentazione del male più lontana da quella convenzionale.
