“Inganno”, un manifesto d’indipendenza emotiva che supera la necessità della verità.
Quando demandiamo agli altri il compito di prendere decisioni sulle nostre vite, stacchiamo un pezzo di pelle dalla nostra faccia e lo appiccichiamo su qualcun altro. Il risultato è una maschera accartocciata, un organismo guasto senza credibilità. Spesso succede per insicurezza, altre volte per mancanza di lucidità; la durata di quei momenti in cui anziché chiedere aiuto, si fa alla meglio maniera, e si peggiora. È esattamente quello che non fa Gabriella – protagonista di “Inganno” dal 9 ottobre su Netflix, interpretata da una delle più autentiche attrici del panorama italiano, la raffinata e sensuale Monica Guerritore – nel pieno della sua indipendenza e bellezza emotiva.
Inganno, la trama
In una costiera amalfitana apprezzata in volo, dimora un hotel di lusso a strapiombo sul mare, culla di ricordi felici e non della sua proprietaria Gabriella (Monica Guerritore). Nel giorno del suo sessantesimo compleanno, Gabriella riceve gli auguri insipidi dei suoi tre figli: Nico in piena crisi adolescenziale (Francesco Del Gaudio), Giulia l’influencer complessata (Dharma Mangia Woods) e Stefano l’avvocato con qualche segreto (Emanuel Caserio), che insieme alla fretta, le regalano un cane e vanno via.
L’equilibrio misto a solitudine della sua vita, cambia drasticamente pista quando incontra il trentenne Elia (Giacomo Gianniotti) che la trascina in un vortice di passione e di inganno, appunto.
Un percorso di riscatto e di indipendenza emotiva
Se in un primo momento Gabriella appare completamente sopraffatta dal desiderio e dalla gioia di vivere in modo genuino i suoi sentimenti, la storia si ribalta del tutto quando prende consapevolezza della persona che ha di fronte. Anzi, delle persone che ha di fronte, figli inclusi. Avrà così inizio per lei un percorso di riscatto e di indipendenza emotiva, quello di una donna che non lascia nelle mani di nessuno le redini del proprio futuro.
La strada in risalita che percorre Gabriella è spesso ostacolata dai fantasmi del suo passato, traumi legati alla maternità, alla depressione e alla scoperta del tradimento di suo marito Mario (Geppy Gleijeses) con la sua migliore amica, fino alla distruzione del matrimonio.
Quando Gabriella incontra finalmente l’amore, nei panni dell’aitante Elia, diventa sorda alle continue esortazioni dei figli che gridano all’inganno.
Più tardi scopriremo però che in lei c’è sempre stata una grande consapevolezza.
Anziché morire di delusione, meglio un inganno che dia la vita
La scelta di preferire un sincero disincanto
La miniserie in sei episodi targata Netflix, con la regia chirurgica e introspettiva di Pappi Corsicato, è costellata di momenti di ripresa e colpi di scena che la rendono sfuggente (non subito) al cliché della donna matura ingannata dal giovane seduttore.
I personaggi – e questa è stata la vera sfida vinta – fanno un vero e proprio percorso psicologico, costretti ad uscire dalle proprie zone d’ombra per ritrovare la luce delle loro verità.
Gabriella dimostra che talvolta si preferisce l’inganno alla delusione, perché se la seconda garantisce solo sofferenza, il primo conserva una possibilità di vita. E avrà ragione.