Sulle note di Billie Eilish passeggia una ragazza dagli occhi arrabbiati: è Alma (Nicole Wallace), Protagonista degli 8 episodi di “Ni una más”, la serie numero 1 Netflix, ispirata al romanzo di Miguel Sáez Carral a cura di José Manuel Lorenzo e Miguel Sáez Carral, nonché costola dei movimenti femministi in tutto il mondo.
Il suo grido è silenzioso e forte: “attenzione, qui dentro si nasconde uno stupratore”, denuncia lo striscione che srotola ai piedi e sotto gli occhi di tutto il liceo.
Ambientato in un istituto spagnolo, il caso si snoda su due, anzi tre, piani temporali per raccontare l’accaduto. “Chi è Coleman Miller?”, questa è la domanda da cui parte tutto. “Noi dobbiamo parlare” le sussurra all’orecchio un’amica. Una domanda e un’affermazione sono agli antipodi dell’apatia di Alma e di tutta la sua generazione.
Una notte, Alma decide di andare ad una festa di nascosto, scappa di casa e al ritorno non sarà più la stessa. E nel cammino a ritroso, tra scoperte e ricordi sbiaditi, Alma non è sola: ha due migliori amiche, Greta (Clara Galle) e Nata (Aïcha Villaverde) che affrontano il viaggio dentro e fuori tra sé e l’altra, per scoprire che hanno in comune molto più di quanto condiviso ad alta voce.

Genitori-Figli
La corda che vibra in “Ni una más”, che la differenzia da altre serie sulle tipiche tematiche adolescenziali è il rapporto genitori – figli, affrontato da un’altra prospettiva: la parte fragile qui è rappresentata dai genitori, i loro dubbi, il loro dolore, la classica paura che solitamente caratterizza i figli, stavolta travolge loro. “E se non ci vuole più bene?!”, sembra una domanda infantile, ma è un padre a chiederselo. Ed è un tema che rimbalza dalla noia dei figli alle paure dei genitori, mettendo l’accento prima su uno e poi sull’altro.
Dov’è Alma?
Gli otto episodi ricostruiscono l’accaduto di una notte, quella in cui Alma va ad una festa e sparisce. Rientra completamente diversa, con le spalle dimesse e l’aria di chi non sa niente di certo, cammina piano, si abbraccia e non parla.
L’episodio 3 è l’inizio dello smarrimento di Alma, che una volta tornata a casa è assalita prima da paura poi da rabbia, dal timore del pregiudizio “di chi se l’è cercata”. Ed è da questo momento che non perde un secondo per cercare di ricostruire quello che è successo, diventando completamente assente in mezzo a tutto il resto, mentre il quadro le si fa sempre più chiaro: è stata stuprata ma non sa da chi.
Il senso di colpa
Alma comincia a ricevere una serie di messaggi criptici, insulti, in cui tutti sembrano sapere qualcosa tranne lei.
Quando pensa di aver scoperto l’identità dell’autore dello stupro, in realtà verrà assalita da altri dubbi e sensi di colpa. Il trauma è troppo grande e rende i ricordi confusi, sbiaditi.
Un grido di denuncia di Ni una más
Questa serie affronta varie tematiche, tra cui violenza, patriarcato, adolescenza e dipendenza, bullismo, problemi di genitorialità e famiglia. Ma non manca mai di leggerezza: è un’altalena equilibrata e costante tra senso profondo di ogni sfumatura problematica e giovinezza spensierata. La dipendenza, da qualsiasi angolazione, è sempre accostata ad un profondo senso di inadeguatezza ma anche da desiderio di scoperta e di conoscenza della propria persona ed età.
La serie è un grido di denuncia, è l’invito a non abbassare la voce e ad andare oltre il senso di vertigine che lasciano i reati a sfondo sessuale, dalla molestia allo stupro, dagli abusi alle minacce. Ed è anche un inno di speranza, di fiducia e soprattutto di ascolto reciproco affinché non solo non accada ancora, ma che nella peggiore delle ipotesi, non ci si senta mute, in colpa e sole.