Il capolavoro di Paolo Sorrentino approda nelle sale italiane il 21 maggio 2013, in contemporanea con l’anteprima al Festival di Cannes, con un budget di 9,2 milioni di euro; all’epoca incassò oltre 24 milioni di dollari in tutto il mondo.
Vincitore dell’Oscar come miglior film in lingua straniera (oggi «Miglior film internazionale»), La grande bellezza è riuscito a riportare in patria l’ambita statuetta, dopo 15 anni da La vita è bella di Benigni e ultimo italiano ad averla conquistata in ordine di tempo.
Un film che ha segnato senz’altro la storia del cinema, complesso, torbido, sfumato in ogni variazione di colore indefinita, indefinibile, e risolta definitivamente attraverso la coscienza umana.
La grande bellezza
Racconta la vita di Jep Gambardella (Toni Servillo) che, arrivato a Roma a 26 anni, ha scritto un romanzo dal titolo “L’apparato umano”, con grande successo di vendita e molte lodi della critica. Così si è inserito nella società romana e dei suoi salotti. Quaranta anni più tardi, Jep conosce tutta la Roma che conta, non ha più scritto libri e si dedica ad interviste per un giornale. A circondarlo c’è una moltitudine di personaggi, la cosiddetta fauna, dislocati nei vari ambiti: cultura, spettacolo, politica e chiesa.
Le giornate passano alla ricerca della festa alla quale andare la sera, ma dopo balli, divertimenti e lunghi discorsi, la stanchezza si fa sentire. L’arrivo di Suor Maria, chiamata la “Santa”, sembra essere messianico, riuscendo a mettere tutti di fronte alla necessità di fare delle scelte importanti.
La grande bellezza ha tracciato il confine dell’illogicità, servendosi di virtuosismi intellettuali capaci di farsi caratterizzazione borghese sopraffatta dall’ego, dall’artefatto, e dal bla bla bla.. Sorrentino non racconta di Roma e delle sue terrazze, anzi, le distrugge manifestando la reale natura mortale e miserabile dell’essere umano. Il tessuto narrativo attinge da un’eco felliniana in cui il trucco di magia si traspone nel gioco di prestigio della vita, inspiegabile, irrefrenabile, e che condanna l’uomo all’imbarazzo della propria esistenza, sentendosi inevitabilmente inadatto al mondo. Non c’è scampo all’affanno esistenziale, se non adattarsi al passo felpato della nostalgia, e dell’accettazione del fallimento umano.
La grande bellezza, viene presentata al Festival di Cannes 2013, arrivando l’anno dopo fino a Los Angeles e alla vittoria dell’Oscar. Un prodotto che la stampa internazionale definisce “bello, triste e malinconico”.
A quanto pare per il cineasta napoletano, Il 21 maggio, quest’anno, assumerà duplice valore. Non solo per la ricorrenza del suo sesto film, ma anche per l’anteprima mondiale della sua ultima opera intitolata Parthenope, che verrà presentata nei prossimi giorni al Festival di Cannes, esattamente il 21 maggio di quest’anno.
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