“Amah you‘re my first place”: il film asiatico da record con 34 milioni di incassi.
Quando ho conosciuto questo prodotto, mi sono rattristata. È davvero assurdo. E non lo dico per fare polemica, ma perché non c’è altro modo per definirlo. È inaccettabile che un film così potente, così necessario, non sia arrivato in Italia. È inaccettabile che una delle opere più belle che abbia visto nel 2024 sia stata ignorata, invisibilizzata, come se non avesse niente da dire a noi, come se il nostro pubblico non fosse in grado di riconoscere la qualità quando la vede.
E qui non si tratta solo di un film che manca in sala. No, qui si parla di un’intera cultura cinematografica che, da anni ormai, si nutre di un suolo facile, preconfezionato, che non sfida mai davvero lo spettatore. Poche volte di prodotti difficili, basti vedere le polemiche su Parthenope degli ultimi tempi. Un film come questo – con la sua potenza emotiva, la sua profondità, la sua bellezza senza compromessi – avrebbe dovuto essere un evento, un fenomeno da celebrare. E invece niente. L’ennesima perla dimenticata in un angolo oscuro, relegata a qualche festival di nicchia, mentre noi ci accontentiamo di altre storie, che non osano mai spingerci oltre il confine della confortante mediocrità.
Una regia semplice e diretta
La regia è semplice e diretta, non ci sono artifici retorici o sceneggiature complesse, ma solamente la sincerità dello spazio occupato dalla storia. La forza del film risiede nei dettagli più semplici: bottoni, bollitori e melograni avvolti in sacchetti di plastica, tutti carichi di messaggi subliminali e di una certa magia che tocca le corde emotive degli spettatori.
La matriarca del film, Mengju (Usha Seamkhum)—o Amah per i suoi cari—soffre di cancro al colon in fase avanzata e ha solo un anno di vita rimasto. Suo nipote, M (Putthipong Assaratanakul), vede questa situazione come un’opportunità per assicurarsi la sua parte di eredità, così lascia il lavoro di streamer di videogiochi per prendersi cura della nonna morente e guadagnare il primo posto nel suo cuore. Tuttavia, ciò che inizia come una motivazione economica si trasforma progressivamente da interesse personale a una sincera cura e affetto per la sua Amah, mostrando un bellissimo arco di sviluppo del personaggio che è sia realistico che profondamente commovente.
L’audace esplorazione del femminismo
Uno degli aspetti più interessanti del film è la sua audace esplorazione del femminismo e delle dinamiche di genere all’interno della famiglia. Inoltre, forte è la tematica insistente nella cultura asiatica: l’urto del tempo, del rispetto verso chi lo subisce, della sacralità di chi lo custodisce. Nel corso del film, diventa chiaro agli spettatori che Mengju ha un pregiudizio verso i suoi figli maschi, anche nei confronti di Soei (Pongsatorn Jongwilas), il suo più giovane, che alla fine ruba il suo tesoro. “I figli ottengono i beni, le figlie ottengono il cancro,” sbotta Chew, la madre di M (Sarinrat Thomas), in una delle loro conversazioni con Amah. La preferenza di Amah per i suoi figli maschi riflette il pregiudizio generazionale che ha vissuto lei stessa da giovane; più tardi scopriamo che quando i suoi genitori sono morti, quasi tutta la loro ricchezza, compresa la casa di famiglia, è andata a suo fratello. Questi scorci di disuguaglianza di genere riflettono norme sociali radicate che privilegiano gli uomini e marginalizzano le donne, un problema profondamente radicato che risuona fortemente non solo nel contesto della Thailandia, ma in molti paesi del Sud-est asiatico. Il film affronta questa delicata questione con grazia, offrendo una visione critica su come questi pregiudizi vengano perpetuati e l’impatto triste che hanno sulle dinamiche familiari transgenerazionali. Incredibile è il fattore linguaggio, che riflette non solo il popolo ma pure l’autenticità emotiva.
Amah you‘re my first place
Tutti i fili sono studiati delicatamente da Paz Bonnitipat che non lascia niente a caso. La lingua di un popolo riflette il suo spirito -diceva un mio professore universitario- e l’interculturalità cinese-thailandese evidenziando una duplice eredità culturale, arricchita pure con la celebrazione delle festività tradizionali cinesi come il Capodanno lunare e il Giorno della Pulizia delle Tombe, che servono come potenti promemoria della loro eredità condivisa e dei legami duraturi della famiglia. Le interpretazioni nel film sono stellari e gli attori ritraggono i loro personaggi in modo brillante. In particolare, Usha Seamkhum porta in vita un delicato equilibrio di forza e vulnerabilità, rendendo Mengju un personaggio molto simpatico. Quando i titoli di coda del film hanno cominciato a scorrere, ho sentito le lacrime scendere sulle guance mentre la mia mente tornava ai giorni in cui la mia nonna preparava “u cembott” (piatto tipico del sud fatto da pesci di piccola taglia in brodo – buonissimo!!) e si prendeva cura di me quando ero ancora una bambina. Vorrei aver giocato di più a carte con lei, comprato più scarpe e trascorso più tempo a fare la focaccia con mio nonno; non importa se era con troppo pomodoro— a entrambi ci piaceva così, e questo era ciò che contava. Spero che mia nonna sappia che occupa il primo posto nel mio cuore.