di Annamaria Martinisi e Roberta Bernardi – Il terzo episodio de “L’amica geniale” si snoda tra la fitta rete dei compromessi, quelli della vita, dell’amore, del dubbio, e della tolleranza.
Ci troviamo nuovamente di fronte a due donne Lila e Lenù ormai riprese e ritrovate a Napoli, tra via Petrarca e il Rione.
Immergiamoci nei due nuovi episodi de L’amica geniale.
La distruzione dell’archetipo familiare
L’unione delle due torna ad infittirsi, facendosi ancora più densa, un’amicizia che rinvigorisce definendo una sovrastruttura emotiva sempre più atipica. La narrazione di Elena Ferrante, riproposta dalla macchina da presa di Laura Bispuri, delinea una nuova forma di ‘famiglia’ in cui i figli sono di madri senza padri, o di padri che rivestono un ruolo marginale per educazione, attitudine e sentimento. Ancora una volta la lungimiranza della penna ‘alla ferrante’ trasposta in chiave registica, scardina in modo prepotente l’archetipo concettuale di ‘casa’, e delle parole ‘madre’ e ‘padre’.
La struttura familiare restituita da ‘L’amica geniale 4’, per il contesto storico in cui viene narrata, è innovativa, progressista, libera. Due donne che crescono insieme i loro figli, dove essere madri o zie non cambia nulla. Un legame che si estende aldilà di ogni confine ideologico, ordinario, e che si prende cura dei compromessi, dei dolori e delle gioie condivise tra le protagoniste.
L’annuncio di Elena di essere incinta di Nino, viene comunicato dalla stessa, in primo luogo, all’amica fraterna e non a Sarratore. Notizia, che quest’ultima (Lila), senza minima titubanza, rivelerà a sua volta a Dede e ad Elsa, figlie di Lenú, senza preoccuparsi minimamente del tipo di reazione della sua migliore amica. Un atteggiamento comunemente congeniale alla coppia ‘moglie-marito’, ma che in questo caso, si sviluppa in piena grazia e perfezione nel bacino esistenziale delle due.
Per la prima volta la fragilità di Immacolata Greco
Il terzo episodio non lascia spiragli di leggerezza, dopo le tensioni riservate al comportamento compromettente e promiscuo di Nino, riferito alla storia con Lenú, il focus si proietta sulla figura della madre di Elena, immacolata Greco. (Anna Rita Vitolo).
Per la prima volta la troviamo fragile e vulnerabile. Una donna che dalla prima stagione si è sempre mostrata austera, inflessibile ed intransigente, ed ora si manifesta al pubblico gracile, e bisogna d’aiuto a causa della malattia diagnosticata. Malattia che Immacolata sembra non voler accettare, rifuggendo nelle reminiscenze del passato, e ammettendo quel ‘male’, ad un qualcosa di prevedibile e facile da sconfiggere, esattamente come le era già accaduto da giovane.
Un momento di estrema tenerezza, di vivido dolore, e che la regista decide di voler cristallizzare pienamente nelle lacrime di Elena.
Episodio 4: ”Il Terremoto”
Nel disastro fisico che sconvolge il sud Italia nel 1980, Ferrante non fa che restituirci l’immagine di un altro terremoto, quello che frantuma e smargina le vite di Lila ed Elena, due donne il cui legame, pur tra alti e bassi, è la vera forza di una narrazione che, in ogni episodio, si spinge più in là, oltre la superficie.
Ferrante fever
In un contesto dove tutto sembra frangibile, la “smarginatura” emerge come un concetto fondamentale su cui infatti, da quando vi è stato il fenomeno delle “ferrante fever” negli USA, vi sono stati studi proprio su questa teoria, diventando quasi un case study nelle università di tutto il mondo.
Lila, che da sempre ha giocato con il suo ruolo di indomita e ribelle, qui vive un’esperienza che la porta a perdere i confini di sé. È la perdita dell’identità che Ferrante racconta da sempre: quella sensazione di sentirsi fuori posto, di non appartenere a nessun luogo e a nessun tempo, eppure di essere continuamente definita dalle aspettative degli altri. Lila vive con una perpetua paura di sfaldarsi, di non essere più chi crede di essere. Ma più si avvicina alla rottura, più diventa difficile per lei mantenere intatta l’illusione di poter controllare tutto, di poter resistere alla frattura della sua vita. In questo episodio, il terremoto non è solo una distruzione fisica, ma il simbolo di un processo di smarginatura, quello che fa crollare le certezze di una persona che, da sempre, ha fatto dell’impermeabilità al mondo il suo segno distintivo.
La Ferrante come sempre, abbatte i muri e si avvicina al lettore o spettatore che sia con violenza, come a dirgli “la vita reale è questa e fa soffrire, fa male, si scompone in un attimo”.
Il terremoto, come evento scatenante, è l’occasione in cui questa frattura psicologica si manifesta. Lila, che fino a quel momento aveva costruito un’immagine di sé solida come la roccia, si ritrova a fare i conti con la paura di perdere tutto. È un momento che espone la sua vulnerabilità, quella stessa vulnerabilità che spesso aveva cercato di negare o mascherare.
La trappola
Nell’amica geniale Lila più forte, Lila più indipendente, Lila più capace di sfidare ogni convenzione, e ora? Lila che quando la terra trema è costretta ad aprire la sua anima e cederla, per paura di non poterla più sostenere perchè troppo fragile e allora confessa: mostra a Elena ciò che rimane della costruzione identitaria costruita meticolosamente in tutto questo tempo, rivelando la profondità della sua paura di non essere mai veramente libera
Come tutte noi, è legata a qualcosa. Il suo è un legame invisibile, che non si vede, ma che deve avere per restare in vita. La sua rabbia, la sua ribellione, sono una risposta a quel legame che, non si può davvero interrompere. Ci siamo passate tutte, in fondo: ogni donna, anche nel mondo moderno, ha una relazione che implichi una dipendenza. Da un padre, un uomo, o un datore di lavoro, il legame è sempre lì, nascosto nelle pieghe di ciò che facciamo, di chi siamo. Lila, che pensavamo potesse liberarsi di tutto, ci mostra che la vera forza non sta nell’essere senza legami, ma nell’essere vulnerabili, consapevoli di esserne intrappolate, ma pur sempre capaci di agire. La sua fragilità è la sua rivoluzione: il coraggio di ammettere che, nonostante tutto, siamo tutte legate.
C’è poi un altro fenomeno che segna la vita di Lila, tenendola legata a Rino: la maternità. È lei stessa a sentirsi stretta nelle categorie imposte dalla società, che la definisce come madre, come moglie, come donna. Eppure, mentre tutto intorno a lei sembra collassare, Lila è costretta a fare i conti con un altro aspetto della sua identità, quella legata al corpo, alla maternità, all’essere donna.
La forma ingiusta delle cose
Pure Lenù è ancorata: alla forma, all’apparenza di una vita che ha scelto, una vita condannata da tutti. Una forma di vita che in qualche modo, a momenti alterni, l’ha resa felice.
Anche lei sarà costretta a fare i conti con le sue crepe interiori. La sua relazione con Nino, che fino a quel momento sembrava definire il suo posto nel mondo, entra in una fase di crisi, di rottura, quando Elena si trova di fronte al crollo del suo appartamento, simboleggiato dalla crepa nel soffitto, è come se anche la sua vita, fin troppo ordinata, cadesse in pezzi. La stessa fragilità che si nasconde in Lila si riflette nel modo in cui Elena è costretta a confrontarsi con l’impossibilità di tenere tutto sotto controllo.
Eppure, in tutto questo disfacimento, c’è anche una possibilità di rinascita. Ferrante non ci consegna un racconto di disperazione, ma un’opportunità di reinventarsi. Dopo la scossa, dopo il crollo, Elena e Lila non si perdono, ma trovano nella loro relazione la forza di andare avanti. La smarginatura di Lila diventa anche il punto di partenza per una nuova consapevolezza, e anche Elena, pur nella sua razionalità, inizia a confrontarsi con la frattura della sua esistenza. La fine dell’episodio ci lascia con la consapevolezza che la loro amicizia, nonostante le continue scosse, rimarrà l’unica certezza.
La smarginatura di Ferrante non è solo un gioco di parole, è una dinamica complessa che riguarda tutte le donne, ma soprattutto quelle che, come Lila ed Elena, cercano di comprendere e ridefinire il proprio posto nel mondo. Nell’amica geniale, ogni terremoto – fisico, emozionale, sociale – è l’occasione per scardinare i confini, per rompere gli schemi imposti dalla società. Non c’è mai una fine definitiva, ma sempre la possibilità di ricominciare. E forse, proprio in questo continuo attraversare e rifondare i confini, sta la vera forza delle protagoniste: non hanno paura di perdersi, perché sono sempre pronte a trovare una nuova strada, un nuovo sé.