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Daniele Rienzo racconta la sua Parthenope: "Raimondo è l'anima che ho scelto di proteggere" - Pop Corn Club
mercoledì, Aprile 16, 2025

Daniele Rienzo racconta la sua Parthenope: “Raimondo è l’anima che ho scelto di proteggere”

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Daniele Rienzo si addentra nelle profondità dell’anima di Raimondo come in un lento e intimo atto di scoperta. Non lo interpreta: lo ama. Lo scava da dentro, attraversando i labirinti della nostalgia, del fallimento, della tenacia che abitano il personaggio, per raggiungere la libertà, per portarne in superficie la poetica e la malinconia.
Parla del rapporto con Raimondo come di un legame simbiotico, un’amicizia che ha continuato a difendere anche dopo le riprese, “come ci si affeziona alle persone che hanno bisogno di protezione”.

Rienzo racconta Parthenope attraverso il filtro della solitudine e dell’idealizzazione, un sentimento che rimane sospeso nella poesia e nell’amore mai consumato. Napoli stessa è un luogo troppo bello per la felicità, un’immagine così intensa da risultare dolorosa. In questo universo emotivo, Sorrentino è una guida che lo spinge ad esplorare il personaggio ma anche sé stesso, lasciandolo libero di perdersi, senza la necessità di ritrovarsi.

Per quasi un anno non ho suonato e ho perso otto chili. Avevo bisogno di entrare in contatto con le mancanze, con la tristezza.

Daniele RIenzo
Foto di GIanni Fiorito
Daniele RIenzo Foto di GIanni Fiorito

Il rapporto tra Daniele Rienzo e Raimondo

Io ho amato profondamente Raimondo e lo amo tutt’ora. Tra noi si è instaurato un rapporto simbiotico. Io sono un musicista e per quasi un anno non ho suonato per entrare in contatto con la nostalgia, con la sua tristezza. Ho perso otto chili, mangiando cose che non mi davano soddisfazione. Il mio lavoro sul personaggio è stato questo. Paolo non mi ha chiesto di rinunciare a nulla, ma sapevo che, per raggiungere uno stato d’infelicità trainante, sia fisico che emotivo, dovevo fare tutto il possibile per portarlo in scena. Mi sono affezionato al mio personaggio e alla sua fragilità, così come ci si affeziona alle persone che hanno bisogno di protezione. Continuo a difenderlo ogni volta che serve. Lasciarlo è stato come abbandonare un amico. C’è tanto bisogno di persone come Raimondo che combattono per arrivare alla libertà, per la sensibilità, anche perdendo. Da un punto di vista poetico, sento questo personaggio dentro, e ci rivedo molti artisti che storicamente sono esistiti e che magari non sono arrivati dove avrebbero voluto.

Paolo sorrentino quando ci ha scelti ha usato il famoso condizionale

La scelta di Paolo Sorrentino

Innanzitutto quando ci hanno scelto eravamo io, Celeste e Dario, e Paolo Sorrentino ha usato questo famoso condizionale dicendo ‘ragazzi io vi avrei preso per il mio film’. Questo condizionale è stato un punto interrogativo, non sapevamo assolutamente se ci sarebbe stata la conferma, il contratto. Paolo ci ha anche chiesto ‘Ma non siete felici?’ Ovviamente lo eravamo, ma quel condizionale ovviamente ci frenava. Siamo stati felicissimi poi quando è arrivata l’ufficialità. Ci ha chiesto di stare insieme e l’abbiamo fatto con piacere. Ci siamo sentiti e confrontati molto spesso. Una cosa inaspettata che porta a chiederti ‘Ma veramente sta succedendo?’

Poetico, questa è la parola che descrive meglio quello che ho vissuto

Il lavoro con la solitudine

Ho lavorato molto con Paolo, ma anche con il set nella sua interezza, ma soprattutto con la solitudine. Per preparare il personaggio non ho visto nessuno dei miei amici per mesi, sono sparito. Tu dirai ‘cosa c’entra con l’erotismo del film?’ La verità è che io non leggo erotismo, perché quello che mi è tornato indietro di Raimondo è il romanticismo, l’idealizzazione dell’amore, ma che raramente, quasi per forma, sfociava nella carnalità. Questa è stata la mia percezione ovviamente. Tutto quello che mi ha attraversato è platonico e poetico. L’unica parola per descrivere tutto ciò che ho vissuto è ‘poetico’: voglio consumare questa parola, perché in un certo senso mi sono lasciato consumare dalla poesia di questa storia.

L’alchimia con Celeste Dalla Porta

Celeste ha un fratello, con il quale ha un rapporto bellissimo. Io ho una sorella che, per dirla alla napoletana, è la vita mia. Questo ha reso più semplice il mio lavoro. Ho preso quest’amore e l’ho ribaltato su di lei. Tuttora quest’amore fraterno non ci ha lasciati, anzi. Viviamo un periodo stressante, quello promozionale del film, e ci siamo sempre l’una per l’altro. Quando non lavoravamo c’era un confronto perenne, anche con Dario, che era l’ago della bilancia di questo rapporto. Le condizioni familiari di entrambi ci hanno aiutato a costruire un rapporto empatico, una sintonia.

Per interpretare raimondo ho preso tutta la maledizione del bello, di quello che inizialmente spaventa

La Napoli di “Parthenope”

In questo film ho vissuto Napoli solo di sfuggita. C’è una battuta di Raimondo, con Capri sullo sfondo, che racchiude tutto: ‘è impossibile essere felici nel posto più bello del mondo’. C’è stata una sorta di sovrascrittura, un’impossibilità di vivere l’amore romantico per eccellenza. Un amore troppo bello che quasi rigetti, perché non ci credi, non lo vuoi. Ho vissuto una Napoli insostenibilmente bella, perché sono stato lontano tantissimo ed è stato facile innamorarmi di nuovo e di sentire quasi di non essere degno di quell’appartenenza che si può sentire. C’è una poesia di Rimbaud che dice: ‘Ho fatto sedere la bellezza sulle mie ginocchia e l’ho trovata amara, e l’ho ingiuriata’. Ho preso tutta la maledizione del bello, di quello che inizialmente spaventa.

Perdersi senza la necessità di ritrovarsi

Mi sono perso totalmente nelle parole del testo di Sorrentino. Quello che scrive Paolo ha un grande magnetismo ed è semplicissimo perdersi, avere paura. C’è anche la paura di andare avanti, ma soprattutto la voglia di perdersi, di fidarsi e di lasciarsi andare totalmente. Paolo mi ha lasciato molto libero di scendere nelle profondità di Raimondo. Abbiamo parlato di poesia, di musica, di scrittura, accantonando il personaggio quasi volontariamente. Si è affidato al mio lavoro e non lo ringrazierà mai abbastanza per la fiducia. Ho cercato di capire il suo pensiero e mi sono affidato a mia volta al 100%. Ho perso cognizione di qualsiasi cosa. Mi capitava di stare sul set anche quando non si girava per prendermi quell’energia. Sapevo che quello che rappresentava il personaggio all’interno della storia era importante e dovevo perdermi per trasmettere la sua autenticità.

Musica e recitazione

Mi è venuta in mente l’immagine di due vasi con l’acqua dentro. Quando c’è l’acqua nel vasetto della musica, non c’è acqua in quello della recitazione, e viceversa. Allo stesso tempo è sempre la stessa acqua. Sono due vite diverse, sotto tutti i punti di vista. Due discipline diverse che vanno disciplinate in maniera diversa. Due mondi che non si sposano, ma che per me sono identici.

Un ringraziamento speciale a Daniele Rienzo dalla redazione di PopCornClub.


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