Gabriele Muccino ha presentato “Fino alla fine”, il suo nuovo film alla 19esima Festa del Cinema di Roma. Questo progetto rappresenta per il regista una svolta significativa, in quanto lo spinge al di fuori della sua abituale “safe zone”, come lui stesso ha dichiarato: “Non vorrei che questo film fosse visto come un film sui ragazzi di oggi, sarebbe una sottrazione e una distorsione, il film ha delle dinamiche universali che non hanno età”. Si tratta, dunque, di un’opera che esplora temi e dinamiche senza tempo, capaci di parlare a tutte le generazioni.
Fino alla fine
La trama segue Sophie, una giovane americana di 20 anni che, durante una vacanza a Palermo insieme alla sorella, entra in contatto con Giulio e il suo gruppo di amici siciliani. Questi giovani, descritti da Muccino come dei “bad guys”, coinvolgono la protagonista in un vortice di pericoli ed emozioni forti. Ciò che sembra iniziare come una semplice avventura si trasforma rapidamente in una battaglia per la sopravvivenza e il riscatto personale. Per Sophie, il richiamo del pericolo si confonde con la sensazione di libertà, e questo incontro cambierà profondamente la sua vita.
Cambio di declinazione, ma non di rotta per Gabriele Muccino
Muccino sottolinea l’evoluzione del suo approccio narrativo con questo film: “Con Fino alla fine cambio declinazione, non rotta. […] Sono uscito dalla safe zone nella quale ho fatto tutti i miei film. Ho pensato di essere in un mare in cui navigavo troppo comodamente e che fosse arrivato il momento di cambiare declinazione”. Il regista spiega come, pur restando fedele al suo stile, abbia voluto sperimentare nuove modalità espressive, spingendo il linguaggio cinematografico oltre la sua tradizionale zona di comfort.
Inizialmente, “Fino alla fine” sembra seguire il percorso di un film sentimentale, tipico di Muccino, ma a un certo punto il tono si capovolge, emergendo il lato oscuro della storia. Le scelte di Sophie diventano centrali: “Può scegliere più volte di fermarsi, di tornare indietro, ma non lo fa”, spinta dall’amore, dal desiderio di libertà e dalla ricerca di una nuova identità.
Un racconto al femminile
Muccino, inoltre, conferma il suo crescente interesse per personaggi femminili complessi e forti, come dimostra il ritratto di Sophie: “Trovo che siano troppo pochi i film capaci di raccontare bene le donne. Raccontare una donna così borderline, complicata, ma anche forte e leader mi ha permesso di conoscere questa creatura e mi ha avvicinato ad uno sguardo femminile che voglio ancora percorrere e scoprire”. Il regista esprime la volontà di continuare a esplorare figure femminili sfaccettate in future opere.
Dal punto di vista tecnico, “Fino alla fine” si distingue per essere stato girato simultaneamente in due lingue, italiano e inglese. “Il film doveva essere girato in inglese, era la storia di un’americana che veniva in Italia e parlava inglese con gli italiani […] Mi si è acceso un faro e gli ho proposto di imparare l’italiano per poter girare il film contemporaneamente in due lingue”, ha spiegato Muccino, evidenziando l’innovazione e la sfida dietro questa scelta tecnica.
Infine, il regista conferma che “Fino alla fine” è solo l’inizio di un percorso che lo vedrà cimentarsi con il genere thriller in altri progetti futuri: “Ho già scritto un altro film e ne sto scrivendo un altro. Il giocare con i sentimenti e il portarli all’estremo mi sta piacendo”.