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Uno, Nessuno, centomila Luca Guadagnino - Pop Corn Club
sabato, Aprile 19, 2025

Uno, Nessuno, centomila Luca Guadagnino

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Fresco di Venezia 81 con Queer presentato in anteprima mondiale, Luca Guadagnino risulta essere oggigiorno uno dei registi più sensuali del cinema nazionale e internazionale.

La sua filmografia consta di ben otto lungometraggi, e da sempre ispirato ad illustri cineasti del calibro di Bergman, Rossellini, e Bertolucci.

Chi è Luca Guadagnino

Il regista è nato a Palermo da madre algerina e padre siciliano, cresciuto in Etiopia per poi trasferirsi a Roma; ed è nella Capitale che avviene la sua formazione autodidatta, in quello che chiama “la scuola cinematografica di Rainer Fassbinder.

Gli albori

Luca Guadagnino debutta con Tilda Swinton. Egli approcciò l’attrice nel ’93 chiedendole di apparire in un suo cortometraggio, esattamente un documentario sperimentale in cui una troupe italiana si reca a Londra per ricostruire l’omicidio insensato del ’94 di uno chef egiziano, Mohamed El-Sayed, per mano di “assassino senza nome n#1” e “assassino senza nome n#2.

I film indimenticabili di Guadagnino

The Protagonists

The Protagonists esce nel 1999, rappresenta per Guadagnino la prima a Venezia.

All’epoca il lavoro fu fortemente criticato dalla maggior parte della stampa italiana. Il messaggio del film si insinuava prepotentemente al pubblico puntando l’attenzione sullo spiccato voyeurismo e alle sequenze horror figlie del loro tempo.

100 colpi di amarezza

Nel 2005, il regista gira il suo “primo film hollywoodiano”, basato sul bestseller autobiografico 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire; ha incassato in Italia un totale di 6.006.000 euro, a fronte di un budget di 3.400.000. L’autrice del libro, Melissa Panarello, ha disconosciuto il film come non aderente al testo, un vero caso letterario del 2003.

L’idea di Melissa P. prende forma grazie a Francesca Neri, produttrice inedita con il compagno Claudio AmendolaGuadagnino lavora alla sceneggiatura con Barbara AlbertiCristiana Farina. Secondo i lettori di CiakMelissa P. fu il peggior film dell’anno.

Melissa P.

Melissa (María Valverde), una ragazza siciliana di quindici anni, vive in una famiglia disfunzionale e oppressiva. Con un padre ingegnere bloccato su una piattaforma petrolifera nell’Oceano Indiano e una madre onnipresente, cieca di fronte al suo disagio, Melissa cerca l’amore.

Guadagnino ricorda il film con grande dispiacere. Secondo la versione del regista, Melissa era “totalmente padrona del proprio desiderio, in una maniera veramente radicale”.

Io sono l’amore

Nel 2009 è la volta di “Io sono l’amore” scritto, diretto e prodotto dall’autore. Il primo film della sua cosiddetta “trilogia del desiderio”.

Viene presentato alla sezione Orizzonti di Venezia e raggiunge il Sundance Film Festival come unico film italiano.

Nel cast vi è il ritorno di Tilda Swinton, protagonista e produttrice del film, che ha imparato il russo e l’italiano per il suo ruolo. Anche la colonna sonora è merito dell’attrice, che ha convinto con una lettera il compositore americano John Adams a prestare la sua musica per il film.

Io sono l’amore sancisce per la prima volta la minuziosa attenzione di Guadagnino per il mondo della moda. Gli abiti indossati da Tilda Swinton sono disegnati da Raf Simons per Jil Sander, i personaggi maschili vestono Fendi e Alba Rohrwacher porta gioielli di Delfina Delettrez.

Un film traboccante di lusso e sontuosità. La dimora della famiglia Recchi è la storica Villa Necchi Campiglio, un palco tanto limpido quanto opprimente per ospitare il dramma borghese interiore di Tilda Swinton. 

A Bigger Splash

Dopo il successo internazionale di Io sono l’amore, Luca Guadagnino allarga i suoi orizzonti. 

A Bigger Splash esce nel 2015 e segna il primo remake del regista.

 Se Challengers propone un triangolo amoroso i cui angoli si toccano reciprocamente, A Bigger Splash segna un quadrato i cui angoli si scontrano in pieno. La trama si basa su una rockstar inglese di nome Marianne Lane (Tilda Swinton) che si sta riprendendo da un intervento chirurgico alle corde vocali insieme al suo compagno, il cineasta Paul De Smedt (Matthias Schoenaerts), sull’isola di Pantelleria.

Tilda Swinton non è mai stata più simile all’amico David Bowie sul grande schermo, anche senza voce. 

Chiamami col tuo nome

L’ultimo capitolo della “trilogia del desiderio” è “Chiamami col tuo nome”, cult indiscusso del regista.

Il film finisce al primo posto in qualsiasi classifica della sua filmografia.

La trama si svolge “somewhere in Northern Italy”. Elio Perlman (Timothée Chalamet), un diciassettenne brillante, trascorre l’estate del 1983 nella villa di famiglia divorando libri e suonando il pianoforte. La sua vita viene sconvolta dall’arrivo di Oliver (Armie Hammer), uno studente americano di ventiquattro anni che lavora come assistente di ricerca per il padre di Elio, nella camera da letto accanto alla sua. Tra i due scorre una stima reciproca e un antagonismo intellettuale.

Nel corso degli ultimi anni Chiamami col tuo nome ha ammassato una grossa fetta di detrattori. La sua rappresentazione di una relazione tra un adolescente e un giovane adulto ha suscitato alcune accuse di “glamourizzazione”, soprattutto da parte di un pubblico giovane con chiare lacune nel pensiero critico.

Bones and All

Michael Stuhlbarg, il magnifico padre di Elio in Chiamami col tuo nome, fa un’apparizione in una singola scena di Bones and All per rivelare il significato del titolo del film. Con un’apparenza vagamente simile a Gollum, spiega che mangiare qualcuno “fino all’osso” corrisponde al massimo stadio di piacere per un cannibale di questo mondo.

Bones and All non ha esattamente una premessa facile da vendere. Eppure la sua forza risiede proprio in questa elasticità. La quantità di livelli di interpretazione del cannibalismo è formidabile, dal trauma intergenerazionale, all’amore queer, al disturbo da uso di sostanze, alla famiglia di elezione. Il limite è lo stesso orizzonte crepuscolare su cui si abbandonano assieme Maren e Lee.


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