“La vita che volevi”, la nuova serie TV, diretta da Ivan Cotroneo e ambientata tra Napoli e Lecce, è disponibile su Netflix dal 29 maggio. La trama segue sei episodi che hanno come protagonisti Vittoria Schisano, Pina Turco, Giuseppe Zeno e Alessio Lapice.
Tra i romanzi più belli di Almudena Grandes c’è “troppo amore“: una storia d’amore affollata che finisce per distruggere i tre protagonisti, tenendoli legati per sempre a qualcosa che non incontreranno mai più nelle loro vite. Riconoscere che talvolta il dolore può generare un amore così intenso da spaventare, trasformando un affetto da sconosciuto a penetrante, può essere la via verso la salvezza.
La vita che volevi
Gloria, donna AMAB (maschio assegnato alla nascita), ha sempre fatto fatica ad avvicinarsi alla sua immagine, quella che corrisponde al suo mondo interiore e adesso che è finalmente fedele a se stessa, deve rivalutare tutto il suo mondo con l’arrivo dell’uragano Marina: la sua migliore amica conosciuta a Napoli durante la sua vecchia vita. Marina, conosciuta prima della transizione è inaffidabile e madre di tre figli, uno dei quali ancora in grembo, sconvolge l’equilibrio e la credibilità che circonda Gloria e tutto ciò che ha faticosamente costruito. Marina conosce le notti di Gloria nei club partenopei e i giorni bui segnati dal dolore paterno. Gloria, invece, ha scelto di censurare Marina dalla sua vita a causa dei non detti, delle sparizioni improvvise e delle scelte discutibili di quest’ultima. Eppure, qualcosa le ha sempre tenute insieme: un luogo spesso ingarbugliato, quello dell’amicizia, un luogo che non ha mai smesso di avere il sapore della speranza.
Eppure, qualcosa le ha sempre tenute insieme: un luogo spesso ingarbugliato, quello dell’amicizia, un luogo che non ha mai smesso di avere il sapore della speranza.
Il dolore della rinascita
Marina e Gloria hanno interrotto i rapporti dopo quel viaggio in Spagna, un viaggio che cambia ogni cosa. Ha portato via la pelle di Alessandro e ha dato al mondo Gloria. E se la vita, ha strani modi per mostrarci il mondo a cui siamo destinati, prende per mano Gloria e la conduce nello spazio inusuale del disordine. Marina infesta la casa di Gloria, portando con sé tutte le forme dell’amore. L’amore costante e quello distruttivo che può frantumare l’individuo. Ogni suo gesto e parola evocano la complessità dei legami umani, mentre la paura si insinua lentamente come un’ombra, ricordando che la vicinanza può essere confortante quanto devastante. Gloria si ritrova a gestire una vita rumorosa, caotica, ma intrisa d’amore.
L’ostacolo del clichè
Seppure il rischio di scivolare nella tipica storiella tra l’amica scapestrata e la drag queen sia stato sfiorato un paio di volte, la serie ha aggirato questa trappola. Non si presenta mai come un manifesto transfobico fallito; non ricorre ai soliti cliché del linguaggio LGBTQ+. Quando la denuncia emerge, è autentica e sviscera la crudeltà umana con un realismo tagliente.
Dio come ti amo, mi vien da piangere
Marina non sembra sapere come si ama, annaspa, come meglio può, cercando amore ovunque: dagli uomini che ipnotizza ai figli che da alla luce. Gloria ha solo Dio. Dio e se stessa. Si muove, prende la vita, ritaglia le sagome a cui ambisce e le incolla a sè. Probabilmente, la cosa più vera nella vita di Marina è stata Gloria, e nella decisione più importante della sua vita, decide infatti di chiudere a partire dal suo inizio.