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Fallout: la fine del mondo è un prodotto - Pop Corn Club
sabato, Aprile 19, 2025

Fallout: la fine del mondo è un prodotto

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“Fallout” – ideata da Geneve Robertson-Dworet e Graham Wagner e sviluppata dal duo Jonathan Nolan e Lisa Joy ( Westworld, Person of Interest) – è la nuova serie TV targata Prime Video, adattamento della popolare saga videoludica.

Trama

Los Angeles, anno 2296, 219 anni prima, il mondo è stato distrutto da una guerra nucleare. Le persone più privilegiate si sono rifugiate in bunker antiatomici chiamati “Vault” per sfuggire alle radiazioni, con la speranza di poter tornare a ripopolare la superficie un giorno.

Tutti vogliono salvare il mondo, solo che nessuno è d’accordo sul come

Fallout

Un nuovo mercato cinematografico

Fallout, analogamente a The Last of Us, Arcane: League of Legends, The Witcher, e Halo, rappresenta un esempio del nuovo approccio del mercato cinematografico americano, ispirato sempre più dall’universo dei videogiochi. Come è agevole notare, infatti, molto spesso l’industria riproduce in rapporto 1:1 una storia già perfetta nei videogiochi, rispettandone lo spirito e rimanendo fedele al materiale originario o, come in questo caso, creando una nuova storia all’interno di un dato worldbuilding.
Nello specifico, “Fallout” emerge in un periodo storico in cui i cinecomic sembrano aver esaurito le proprie narrazioni e i remake non sono più sufficienti a soddisfare il pubblico odierno.

Il viaggio degli eroi

Nonostante la drammaticità della storia e la condizione di precarietà in cui vivono i suoi protagonisti, il tono della serie rimane quello di una black comedy con una leggerezza di fondo che spesso viene contrapposta a un uso della violenza più simile a “The Boys”.
Fallout riesce a mescolare bene gli elementi del genere western a quelli di un’ estetica retrofuturistica (“Mad Max”) e atompunk.

La struttura è quella dei road movies, come dimostra il viaggio dei tre protagonisti, uniti tra loro grazie alla testa di uno scienziato, la quale rientra a pieno titolo nel concetto cinematografico dell’escamotage, comunemente denominato “MacGuffin”. 

Come sopravvivere nell’apocalisse

La citazione di uno dei personaggi, secondo cui «la fine del mondo è un prodotto», offre interessanti spunti di riflessione sui grandi temi relativi al comunismo e al capitalismo. In tale ordine di idee, di fondamentale importanza appare il contesto storico, rappresentato da un’America congelata negli anni ’50, diventata modello per i cosiddetti “Vault”, nonché terreno fertile per la satira sulla mondanità della famiglia nucleare.

Viene rimarcato con tenacia come la Guerra Fredda non sia mai terminata e come il mondo non sia altro che un’ordigno pronto ad esplodere. Inoltre, il fervente ottimismo dei cittadini americani, nonché la loro fiducia nel progresso dopo gli anni delle due grandi guerre, ha fatto in modo che l’immaginario collettivo di positività si cristallizzasse in quell’epoca, come le musiche scelte che spaziano tra i grandi classici degli anni ’30 e ’60 ed una colonna sonora di Ramin Djawadi la quale porta con sé accenni a Reznor e Ross.

Conclusioni

Al netto delle suesposte considerazioni, appare lecita la domanda posta dai personaggi sul perché ci si continui ad aggrappare alle proprie vite, nonostante si sia sperimentato il peggio dell’umanità.

Ed è proprio su tale presupposto che deve essere interpretato l’accostamento di personaggi gentili ed innocenti come Lucy (Ella Purnell) e la crudele realtà del mondo. La purezza umana così rappresentata veicola gli occhi stessi dello spettatore: partendo da un’assenza di preconcetti si arriva ad essere consapevoli del fatto che per sopravvivere alle cinica spietatezza dell’uomo occorre sì adattarsi, ma rimanendo buoni…un po’ come per i personaggi di “Barbie” e “Bella Baxter”, che esplorano l’animo umano al fine di ricercare se stessi attraverso una nuova consapevolezza di pensiero. 



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